Era il 1987. Un ristretto gruppo di intellettuali, di accademici e di top manager, concepiva e realizzava all’ombra del Vesuvio, la visionaria idea di una nuova e diversa Business School e di un originale modello di ecosistema dell’alta formazione. Romano Prodi, allora Presidente dell’IRI, Tiziano Treu, Professore di Diritto del Lavoro, Lucio Sicca Professore di Strategia presso l’Ateneo Federico II di Napoli, Alessandro Ovi alla guida dell’internazionalizzazione dell’IRI e della rivista Technology Review del MIT, chiamano a raccolta il meglio del management delle aziende del più grande e diversificato raggruppamento industriale d’Europa, l’IRI, e inventano Stoà, Istituto di Studi per la Direzione e Gestione d’Impresa.
Forse a ispirarli fu la lezione del Vesuvio e della Ginestra di Leopardi, che riguarda la “distruzione creatrice” da cui nasce il futuro. Erano tempi di grande cambiamento, diremmo oggi di “disruption” - e lo straordinario patrimonio di persone e conoscenze tecnologiche e manageriali delle grandi imprese italiane era chiamato ad affrontare la sfida della terza rivoluzione industriale che, in meno di un decennio, avrebbe spazzato via o reso obsoleti interi settori industriali che, negli anni 80, erano ancora rigogliosi e nei quali le imprese italiane si affermavano crescendo sullo scenario internazionale.
Per indirizzare e accompagnare questa mobilitazione di intelligenze fu scelta la Sloan School of Management del Massachusetts Institute of Technology, il suo Dean Lester Thurow, le faculty dei dipartimenti di International Business Management, Operations Management, Technology Management.
L’idea era di una Business School capace di seguire l’accelerazione nel cambiamento del contesto economico, sociale, tecnologico e organizzativo.
Un’idea che ha portato una Business School nata per partecipare con creatività e visione alla terza rivoluzione industriale sino ad oggi, in piena quarta rivoluzione industriale.
La rivoluzione degli anni ’90, in cui il MIT era protagonista, era legata alle Tecnologie dell’informazione e dell’automazione industriale, ai modelli di impresa internazionale, all’avvento della Lean Production, alla transizione verso un’economia dei servizi. Si delineava in quegli anni un ruolo importante dell’Europa nei processi di manifattura avanzata e nel medium-tech e degli USA nei prodotti e nei servizi high-tech.
L’indirizzo dell’Istituto di Ercolano fu di mantenere forte e continuo il collegamento con i grandi gruppi industriali nazionali e internazionali, con la loro straordinaria cultura d’impresa e con le unità produttive locali e della loro supply chain per favorire una continua osmosi, attraverso la formazione “in contesto” e “su progetto” di giovani laureati e professionisti e manager d’impresa.
Si apriva anche, in quegli anni, il cantiere della riorganizzazione del settore pubblico dove la Stoà era pronta a trasferire il proprio know-how al New Public Management. Perché – nella visione di Stoà - in tutti i comparti dell’economia e della società l’innovazione dei modelli di management è il maggiore fattore abilitante delle strategie d’innovazione tecnologica, finanziaria e organizzativa.
Il DNA del progetto originario resiste al trascorrere degli anni mostrando di essere in grado di affrontare anche le sfide della quarta rivoluzione industriale che è già qui.
Aver scelto il nome Stoà, il nome del Portico della Scuola di Atene, inteso come luogo di incontro generativo e di pensiero critico, ci incoraggia a pensare la Stoà come un luogo dove la formazione manageriale è differente e fa la differenza. Una garanzia per il futuro della Scuola ma soprattutto della comunità di quelli che l’hanno frequentata, la frequentano oggi e la frequenteranno nei prossimi decenni.
Stoà, dove la formazione manageriale fa la differenza, opera con continuità e successo da 35 anni. Per il successo dei progetti delle persone e delle organizzazioni.